There is something about fashion that can make people really nervous.
Anna Wintour
You go to your closet and you select, I don’t know, that lumpy blue sweater, for instance, because you’re trying to tell the world that you take yourself too seriously to care about what you put on your back.
The Devil wears Prada
Si dice che l’abito faccia il monaco. In realtà non è proprio così. L’abito certo non fa il monaco… ma di sicuro aiuta a riconoscerne uno.
A volte mi domando se davvero l’apparenza sia così importante. Come Consulente d’Immagine la domanda è frequente. Io e molte colleghe di ogni parte del mondo ne discutiamo spesso. Parliamo della nostra e di quella dei nostri clienti executive.
Nel mondo della moda questo è il centro di tutto, credo: scegliamo come apparire per raccontare qualcosa di noi, o forse solo per stupire.
Ma il nostro look è qualcosa che non esprime solo un lavoro o uno stato d’animo: è qualcosa che racconta chi siamo e cosa facciamo, per cui è normale che chi lavora in questo settore sia molto ben curato.
Una cosa che detesto profondamente è il fatto che, in generale, l’amore per l’eleganza sia considerato superficiale, e nello specifico, chi lavora nel campo della moda venga spesso etichettato come tale. È davvero una realtà odiosa ma che purtroppo contro cui alcuni di noi si scontrano quotidianamente.
Non ho nessuna simpatia invece per gli snob dell’immagine, per coloro che considerano superfluo l’apparire, che considerano superflua la ricerca di un aspetto curato, e deliberatamente ostentano una non-eleganza come se fosse una dichiarazione di superiorità o intellettualismo. Trascurarsi fa forse apparire più intelligenti? Davvero vestirsi male e non truccarsi per una donna, e non seguire alcun dress code specifico per l’uomo genera in automatico una patente di persona intelligente? O non è piuttosto la moda, e quindi l’eleganza, una forma di cultura, qualcosa che a un livello profondo fa parte della cultura del nostro paese?
Spiace dirlo, ma si tratta molto spesso di una contrapposizione fra ambienti. Però ho notato una cosa: molti appartenenti alla casta degli intellettuali, i sedicenti profondi-e-quindi-non-eleganti, spesso non appartengono proprio alla categoria dei self made man… Inutile dire che chi riesce a fare senza alcuna fatica un certo tipo di carriera spesso ha dei privilegi di base. Ho incontrato scrittori e artisti che non hanno mai fatto un colloquio, non hanno mai davvero preparato un progetto né redatto un preventivo, né sono mai stati in alcuna riunione. Conosco una pittrice che vanta la capacità di poter dipingere solo due quadri all’anno seguendo la sua vera ispirazione, e che disprezza il mio mondo. Nel frattempo le bollette le pagano altri per lei, certo.
È chiaro che si tratta di persone che non hanno mai avuto veramente bisogno di impegnarsi con ogni mezzo a loro disposizione, tantomeno di farlo anche attraverso la propria immagine.
E se fosse questa la vera discriminante? E se fossimo noi quelli che valgono per davvero? E se fossero i volgari aziendalisti i veri portatori di cultura, ma di una cultura del lavoro e dell’impegno, oltre che della comunicazione e dell’immagine? Se il diavolo veste Prada, siamo proprio sicuri che gli angeli vestano dei golfini infeltriti? Mi piacerebbe sapere cose ne pensano i lettori.
ENG
We say that It’s not the gay coat that makes the gentleman. I’s true. The coat certainly doesn’t make the gentleman… but it surely helps to know one.
Sometimes I wonder if our image really is so important. As an Image Consultant this question frequently happens. Many colleagues from worldwide and I often discuss about it. We speak for our own and for our executive clients .
In the world of fashion this is the most important deal, I think: we choose how to look because we want to tell something about us, or maybe just to impress.
But fashion is something that not only shows our job or a state of mind: it is something that tells who we are and what we do in our lives, so it is normal that those who work in this area are aware of this aspect.
What I deeply dislike is the fact that, in general, people who love elegance are somehow said to be shallow, and in particular, those working in the field of fashion are often labeled this way. It really is something into which some of us very frequently bump.
I have no sympathy for the ones that despise beauty and elegance, for those who consider them unnecessary, that think it is good to have less than a well-groomed appearance, and deliberately flaunt their non- elegance as if it were a statement of superiority or intellectualism. Is neglecting out image something that helps appearing more intelligent? Does dressing badly and do not wear makeup for a woman, and do not follow any specific dress code for men automatically generate a driver’s license for the intelligent individual? Or is it the fashion, and then elegance, a form of culture, something that at a deep level is part of the culture of our country?
It is very sad to say that, but sometimes it is about a clash among different milieu. In my life I had so many time the opportunity to see this happening: many people belonging to the caste of intellectuals, also being part of the deep-and-not-so-elegant group, often do not really belong to the category of self-made man… Needless to say, those who can handle a certain type of career often have some privileges. I met writers and artists who have never had a job interview, they never really had to work on projects or deal with their budgets, or have never even been at a meeting! It is clear that these are people who have never really needed to achieve their goals using anything they had, including their image.
What if this was the real deal? What if we’re the ones who really bring value to what we do? What if the ordinary corporate workers were the true bearers of a culture of work and commitment, as well as living the image and communication? If the Devil wears Prada, are we really sure that the angels are clothed in lumpy casual sweaters? I would like to know your opinion.
5 thoughts on “Angeli e Diavoli: davvero l’eleganza e la moda sono superficiali?”
Io odio le persone che fanno i naif uscendo come stanno in casa: saranno e si sentiranno anche artisti ma di certo colpisce la loro immagine sciatta che parla da sola….condivido il tuo pensiero. Le persone che curano la propria immagine non sono superficiali né tanto meno schiave della moda. Amano sentirsi bene ed apparire bene al mondo!
Ciao Cri!
“Sentirsi bene”: ecco il termine giusto! Se ci sentiamo bene noi, trasmetteremo questa sensazione a chi abbiamo attorno. Alla finenon è solo rispetto per noi stessi, ma anche per gli altri.
Io credo che questi “snob” dell’immagine siano solamente pigri e lo nascondano in questo modo. Pensiamo ad Oscar Wilde: era un dandy curatissimo, e così anche Aldo Palazzeschi (tanto per citarne due). La moda come dici tu è cultura, passione, impegno. Noi italiani ce l’abbiamo nel dna, e forse pure troppo, però: spesso giudichiamo e veniamo giudicati troppo, dall’aspetto fisico
Cultura, passione, impegno: esattamente! L’Italia nasce con queste tre doti preziosissime, e spesso viene ignorato il fatto che l’eleganza, la cura, la raffinatezza, non nascono dal nulla, ma da questi tre fattori…
Cara Cristina, mi piace molto questo tuo post: ne abbiamo parlato più volte, del resto!
Per quel che mi riguarda (poiché chiedi l’opinione dei tuoi lettori), distinguo sempre tra la “moda-patacca” e la pratica del buon gusto e della raffinatezza. Esistono infatti persone che fanno di tutto per ostentare il proprio essere “qui e ora”, dei vincenti nel presente, a suon di firme e abiti costosi (che spesso non portano neppure bene!): ecco, questo genere di individui mi irrita allo stesso modo degli intellettuali sciattoni.
E poi vi è l’amore per ciò che è bello, per ciò che è lineare o che richiama atmosfere, epoche… per la rielaborazione dei tagli, dei modelli… L’interpretazione personale di ciò che amiamo, nel tentativo di ri-crearci giorno dopo giorno. Per quella che è la mia modesta opinione, la Moda (con la M maiuscola) è questo: giocare con gli stili, con le suggestioni, imparando a conoscerci ed esprimerci – con eleganza, equilibrio, consapevolezza. Azzardo: è una pratica che mi ricorda molto la rielaborazione letteraria. In questo senso, l’abito può davvero “fare il monaco”…
PS: un caro amico pittore (che, contrariamente all’artista da te menzionata, deve lavorare per vivere e pagare le bollette) mi disse un giorno che il cattivo gusto dovrebbe essere perseguito penalmente, perché abbruttisce il mondo in cui viviamo. Si trattava di una frase volutamente provocatoria, naturalmente – che tuttavia è diventata uno dei miei motti preferiti. 🙂